Grandmother playing with grandson[/caption]
Giocare. Se ci fermiamo un attimo a pensare a questa parola, quale immagine ci verrà in mente? Quasi sicuramente ricordi di quando eravamo bambini, o più raramente l’ultima volta che abbiamo giocato con i nostri figli/nipoti, persi però tra le mille cose da fare che la vita adulta ci impone.
La parola “gioco” richiama irrimediabilmente l’infanzia, e questo perché giocare è ciò che i bambini sanno fare meglio. Una perdita di tempo? Un modo per passare la giornata? Alcuni studiosi pensano sia qualcosa di simile: un’attività priva di qualsiasi interesse materiale o di profitto, e che per questo si contrappone all’attività lavorativa perché non produce conoscenza né ricchezza, ma anzi è incerta perché non può essere né prestabilita né prevedibile. Sicuramente, però, non possiamo dire che sia anche meno importante…
Innanzitutto, il gioco è l’attività più precoce di qualsiasi essere, animale o umano che sia, perché implica lo sviluppo di risorse psicologiche fondamentali al corretto vivere in branco o nella nostra società, con diritti, regole e doveri. È un affare serio della vita: regole, norme e decisioni nella quotidianità vengono apprese e agite grazie proprio al gioco, con cui si sviluppano conoscenza, cultura, socializzazione e integrazione sociale. Ma non è solo qualcosa che ci aiuta nel sociale: esso è importante anche per lo sviluppo cognitivo del bambino, perché lo aiuta ad imparare a padroneggiare delle abilità e per provare ad agire dei comportamenti in un ambiente protetto.
Il gioco infantile infine ha un importantissimo valore educativo: secondo il pensiero di alcuni studiosi, il gioco dovrebbe collegare la vita infantile a quella matura dell’adulto, ed entrambe dovrebbero nutrirsi costantemente l’una dell’altra. Quindi non dimentichiamoci mai di giocare anche quando siamo grandi!
Quando cresciamo, però, il gioco si trasforma spesso in sport: quale relazione esiste tra i due?
Lo sport deriva direttamente dal gioco, e quindi sotto certi punti di vista si assomigliano molto.
Guardando nello specifico, lo sport praticato dai bambini, quindi non professionistico, può essere considerato a tutti gli effetti ancora come un gioco, dato il fondamentale valore educativo che può assumere: “quando lo sport incontra il gioco esiste la possibilità di esternare questioni personali in modo più libero, volontario e vivido che nella vita quotidiana, per cui si può ipotizzare che se fosse possibile provocare dei cambiamenti sulla persona all’interno dell’ambito sportivo, probabilmente queste modifiche potrebbero venire trasferite su di altre aree della vita del soggetto” (Tutko & Tosi, 1976, in Nascimbene, 2003, pag. 52). Vi ho voluto citare una frase che mi piace molto, perché penso che racchiuda il senso stesso dello sport e il suo fondamentale valore educativo: le regole stesse, per esempio, vengono imparate meglio in ambito sportivo piuttosto che altrove, e per i bambini diventa anche più facile trasferirle dallo sport alla loro quotidianità.
La differenza avviene quando si parla di sport professionistico: mentre l’aspetto ludico può ancora regalare una sorta di protezione dal mondo esterno, nello sport questo viene a mancare: se nel gioco si può identificare in maniera molto semplice il buono dal cattivo, il vincente dal perdente, nello sport, specialmente a livello professionale, non è sempre facile identificare le cause dei fenomeni che accadono. La stessa socializzazione nello sport viene spesso quasi esasperata: nel gioco essa assume un valore evolutivo, legato allo sviluppo psicoaffettivo del bambino, mentre nello sport tutti dicono che bisogna essere squadra, socializzare, per vincere.
Un’altra caratteristica molto importante è la componente agonistica: mentre nel gioco il fine può essere il piacere puro, nello sport l’agonismo è fondamentale perché comporta una costante misurazione da parte degli atleti con la propria aggressività, in modo tale da riuscire ad incanalarla in un modo costruttivo ed evitare di renderla distruttiva, in gara così come nella vita. Altro importante aspetto presente in tutti gli sport, ma non nel gioco, è l’intensità del coinvolgimento del corpo: se nello sport è necessaria un’attivazione fisica medio-alta, nel gioco questa può essere addirittura nulla, come in alcuni giochi mentali.
Per concludere, non dimentichiamoci mai di giocare. Anche se i nostri impegni quotidiani da adulti ci rendono quasi impossibile staccare, troviamo un modo: le costruzioni, un puzzle, uno sport amatoriale… Giocare ci aiuta a crescere mantenendoci giovani!
dott.ssa Deborah Landa
Da sempre amante dello sport, ho una naturale inclinazione verso gli sport acquatici.
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