“Ecco, lo sapevo!” Quante volte vi capita di pronunciare questa frase, soprattutto dopo che qualcosa è andato storto?
Spesso si tratta solo di uno sfogo momentaneo, senza conseguenze: ci si rimboccano le maniche e si riparte. Ma se invece vi dicessi che qualche volta siamo proprio noi a fare in modo che qualcosa vada davvero male? Magari non consapevolmente, ma succede.
Provate a riflettere un attimo: quante volte avete pensato che qualcosa sarebbe andata storta, ma pensato davvero, e così è successo? Quel colloquio, quell’interrogazione…
Sì, siamo stati noi stessi a fare in modo che non funzionasse davvero. Chissà per quale motivo, poi: poca autostima? Non ci credevamo davvero? Non volevamo che andasse bene? Sfiducia? Forse non lo sapremo mai, forse invece un po’ lo immaginiamo.
Ma ora la domanda clou: perché succede questo?
Il nostro corpo e la nostra mente registrano molto più velocemente qualcosa di negativo piuttosto che di positivo, perché storicamente si prepara a difenderci se effettivamente dovesse succedere. Inoltre, se ci poniamo di fronte a qualcosa con un atteggiamento negativo (ed è soprattutto questo il nostro caso), inconsciamente siamo proprio noi a fare in modo che si avveri. Senza volerlo consciamente, facciamo in modo che gli eventi negativi si avverino. Di quell’interrogazione non so proprio nulla, andrà malissimo, farò scena muta… E cosa succede? Anche se in realtà le cose le sappiamo, facciamo scena muta. Il nostro cervello ha registrato che non sappiamo nulla, che non abbiamo fiducia in noi, e tutto il tempo dedicato allo studio fino a quel momento sarà andato perso, perché l’interrogazione andrà effettivamente male; andrò a far quel colloquio ma so che non ho i requisiti necessari, vado così, giusto perché faccio vedere di averne fatto uno… E anche se in realtà quell’azienda era interessata, non mi prenderà per un atteggiamento troppo passivo, frasi troppo brevi, o per le parole sbagliate che diremo… Quanto consapevolmente? Questo sta a voi.
Ci sono due modi di approcciarsi agli eventi: uno è il pensare negativo, con i risultati che vi ho mostrato sopra; l’altro è il pensare positivo, che non vuol dire che siamo dei supereroi favolosi, che siamo i migliori, ma che sappiamo che ci sono eventi positivi e negativi, ma che vanno affrontati al meglio delle nostre capacità e dalle quali bisogna trarre insegnamenti. Un atteggiamento del tutto diverso, vero? Vediamoli un attimo a confronto: un pensatore positivo vede i problemi come delle sfide, senza cercare scuse e passando all’azione: sa benissimo che le cose possono andar male, ma non si scoraggia, ci prova; al contrario un pensatore negativo trova delle scuse per non aver fatto o concluso un determinato compito. Un pensatore positivo inoltre vive il momento e mantiene la mente aperta, accettando suggerimenti ed idee e focalizzandosi su quel che ha a disposizione e non su ciò che manca. Un pensatore negativo invece si arrende troppo presto, vede il lato negativo e si focalizza solo su quello, svalutando se stesso e gli altri, si lamenta, critica, e non prova nemmeno ad iniziare un compito se lo ritiene difficile o addirittura impossibile.
Come diventare dei pensatori positivi? Ci vuole un po’ di allenamento e tanta forza di volontà: imparare a vedere l’altro lato della medaglia, senza negare le difficoltà ma trovando delle soluzioni alternative e imparando dai propri errori e dagli ostacoli che si troveranno lungo il cammino. E cambiamo le parole: per esempio, proviamo a trasformare i nostri “devo” in “voglio”, le “cose difficili” in “sfide”… Avranno tutto un altro significato e avrete VOI un’altra volontà di affrontarli. Questi sono i primi passi. Ma mi raccomando: non cedete al lato oscuro!
dott.ssa Deborah Landa
Da sempre amante dello sport, ho una naturale inclinazione verso gli sport acquatici.
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