Qualche giorno fa mi è stata posta una domanda molto interessante da una mamma: “non so se sia giusto leggere le favole a mia figlia perché si discostano dalla vita reale. Lei cosa ne pensa?”
Non è una domanda così banale: nella società di oggi, è giusto credere ancora nel principe azzurro e nel “vissero felici e contenti”?
Facciamo uno spaccato della storia e dei valori, e proviamo a riflettere insieme basandoci sui cartoni della Walt Disney, che allietano i bambini da decenni. Vorrei fare una riflessione soprattutto riguardante le principesse e i personaggi femminili, perché più di altri sono portatrici dei cambiamenti che ci sono stati e che continuano ad esserci. Non ci credete?
Prendiamo i grandi classici per eccellenza: Biancaneve, Cenerentola e La Bella Addormentata nel Bosco: 1937, 1950, 1959. Sono gli anni della guerra e quelli subito dopo, dove era importante ritrovare un equilibrio perduto e dei valori sani dopo gli orrori della bomba atomica. Era il momento del boom economico, c’era bisogno che i bambini sognassero. E cosa c’è di meglio che sognare il principe azzurro? La nostra società si basava ancora tanto su un concetto che prevedeva la donna che passava da casa sua a quella del marito, ostacolata nella carriera e dedita alla casa. E, in fondo, cosa fanno le nostre principesse, tolte le magie? Hanno delle sfortune, scappano o le accettano, lavorano in casa e non smettono mai di sperare. E alla fine il principe azzurro, il grande amore, arriva. E vissero per sempre felici e contenti.
Poi la Disney produce una serie di cartoni animati centrati sull’amicizia, sulla diversità, su tematiche importanti come il superare la morte o la lontananza di una persona cara… Ma lo fa tramite degli animali: Bambi e Dumbo, usciti durante la Guerra, ne sono un esempio perfetto, per non parlare di Robin Hood, Gli Aristogatti, La Carica dei 101… E i racconti con gli umani riguardano più che altro bambini che sognano (Alice nel Paese delle Meraviglie), o che devono cercare il proprio posto (Peter Pan, La Spada nella Roccia, Il Libro della Giungla) in una società che forse li vorrebbe già grandi e dove si trovano spaesati.
Bisogna arrivare alla fine degli anni Ottanta per trovare una nuova principessa, che si distingue subito da quelle precedenti: Ariel (La Sirenetta, 1989) è giovane, spigliata, combattiva, trasgredisce le regole. Crede ancora nel grande amore, ma lotta per conquistarlo tra mille difficoltà, non aspetta che le cose si risolvano da sole. È il grande cambiamento del ruolo della donna, che nella nostra società sta iniziando ad emanciparsi nel mondo del lavoro e viene guardata oltre al suo ruolo di moglie e madre: le giovani donne possono lottare per i propri sogni, trasgrediscono le regole (anche se la famiglia rimane comunque il primo luogo del cuore), scelgono chi amare, sono coraggiose. Insomma, sono cambiate. E questa concezione si può ritrovare in Belle de La Bella e la Bestia (1991): oltre a quella meravigliosa libreria, non possiamo dimenticare la scelta della protagonista di salvare il padre, e di guardare oltre il fisico, scegliere l’intelligenza piuttosto che un belloccio qualunque (che, come caricatura, richiama un po’ gli ideali passati), e tornare per affrontare le scelte difficili piuttosto che scappare e scegliere la via facile; altre due ribelli sono Jasmine di Aladdin (1992) e Pocahontas (1995): entrambe trasgrediscono le regole (del padre o della società) in favore di una diversità mal vista da tutti, ma che per loro può significare la salvezza (da un mondo monotono e dalle solite vecchie regole la prima, per il proprio popolo la seconda). Ma, mentre per Jasmine c’è il solito vecchio lieto fine, non è così per Pocahontas: la donna è portata a scegliere tra se stessa, le sue responsabilità verso gli altri, e una vita col suo amore, ma lontana dalla sua terra. Ella sceglie la famiglia, di rimanere per prendere posto nella propria società. E allora cosa è cambiato? È Pocahontas che sceglie cosa fare, e nessun altro. È lei che sceglie per il suo futuro. Un po’ come le ragazze degli anni Novanta ormai. È la figlia del capo, e non ci sono dubbi che guiderà la sua tribù facendo tesoro di quanto imparato dal suo breve ma intenso amore con Jhon Smith. Fine anni Novanta, arriva Mulan (1998): un’altra ribelle, ma per salvare la propria famiglia; un’altra lottatrice, per salvare se stessa e il suo popolo. Vive insieme agli uomini, ci parla e ci scherza, e dimostra di essere superiore in alcuni ambiti prettamente maschili, è una trascinatrice e non si scoraggia nemmeno quando tutto sembra perduto. Ancora si guarda oltre le apparenze per guardare al valore, alla caparbietà, alla stima nelle persone. L’amore arriva, ma non è ricercato.
Passano undici anni ma ormai poco cambia nella nostra società: le donne si stanno facendo strada, inseguono i propri sogni nel lavoro come nella vita, affrontano ostacoli e difficoltà con coraggio, si dividono per far funzionare tutto. È il periodo di Tiana de La Principessa e il Ranocchio (2009) e di Rapunzel (2010): la prima non crede alle favole e lavora giorno e notte per conquistare il suo sogno, si innamora per caso, fa scelte coraggiose e non cede a strade facili ma cattive per conquistare il suo sogno… e alla fine viene ricompensata; la seconda è una ragazzina che si sta affacciando al mondo e crede ancora nelle favole, ma è ben determinata nel raggiungere il suo sogno.
Il vero cambiamento, inutile dirlo, arriva con Frozen (2013): nel film si mette a nudo la concezione di “amore vero”, con risultati che non ti aspetti se sei abituato ai grandi Classici. L’amore vero non è quello della principessa Anna nato dal pomeriggio alla sera verso uno sconosciuto, o forse sì, salvo che il principe Hans (il principe! Chi se lo sarebbe aspettato?) voglia solo ingannarla, approfittare di lei per prendere la corona. E non è nemmeno quello un po’ goffo che nasce nella neve tra Anna e Kristoff, anche se ci si avvicina parecchio (almeno, lei impara poco per volta a conoscere lui, le sue abitudini, la sua famiglia). Il vero amore è quello tra le sorelle, quello incompreso di Elsa che rinuncia praticamente alla sua vita per non far male ad Anna, e quello di Anna che decide di sacrificarsi per salvare Elsa da Hans. Ed è l’amore che fa capire a Elsa come usare i suoi poteri senza far del male. In quale società viviamo? In una società dove purtroppo se ne sentono tante, dove le donne vengono uccide per gelosia, per amore, o vengono ingannate… Dove l’idea del principe azzurro è sempre meno credibile, come quella di un amore tra sconosciuti che porta al “vissero felici e contenti”. Siamo in una società dove bisogna conoscere la persona con cui si decide di vivere, di sognare,e spesso non si conosce mai del tutto. Siamo in una società dove la donna indipendente, che viaggia, che realizza i propri obiettivi, ha comunque bisogno di radici forti, che può trovare solo nella famiglia, il primo luogo di amore. È una società che però ha bisogno di amore, dato dalle persone che si mettono al servizio degli altri.
Così è cambiata la nostra società, e come sempre ci sono pregi e difetti. I cartoni animati, le storie cambiano con noi. Quindi, tornando al motivo per cui mi sono dilungata nella disamina dei lungometraggi Disney, sì, non ci sono controindicazioni. Non mi piace parlare di “giusto” o “sbagliato”, perché sono giudizi fuorvianti: io penso che si possa raccontare tutto, con le dovute differenze in base all’età. E, se proprio volete un consiglio, insieme a Biancaneve raccontate delle grandi donne che hanno fatto la nostra storia, delle ribelli reali che durante i secoli hanno lottato per farci arrivare dove siamo adesso. In fondo, Anita Garibaldi, Marie Curie, Diana Spencer, Margherita Hack, Amalia Ercole Finzi, Rita Levi Montalcino, Lea Garofalo, Ondina Peteani, o anche la nostra atleta Bebe Vio non sono donne così diverse da Elsa, Anna, Tiara, Ariel e Belle!
dott.ssa Deborah Landa
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